mercoledì 2 luglio 2008

LE TROTE DI "RAPIDO".......parte VI°

A render ancor più completa quella immagine c’era anche un pescatore a mosca…e doveva esserci per forza per rendere il tutto stupendamente perfetto.
Ad un più attento esame, infatti, intuì immediatamente che tipo di canna e di mulinello erano in possesso di Rapido.
Avevo solamente letto qualcosa sulla pesca a mosca ma ora potevo ammirare con i miei occhi quel ragazzo, poco più che diciottenne, usare quegli attrezzi in un modo sublime; l’armonicità e la perfezione dei suoi movimenti li potevo intuire anch’io che conoscevo poco di quella tecnica.
La coda di topo, volteggiando dapprima dietro le sue spalle, veniva poi proiettata alla sua destra verso la parete di roccia come un saettante serpente, poi nuovamente richiamata alle sue spalle con movimenti fluidi e veloci. Nelle mani di Rapido quella lenza sembrava animarsi di vita propria, si librava nell’aria con movimenti precisi come a disegnare antichi simboli arcani.
L’imitazione d’insetto e il finale non riuscivo a scorgerli; solo dopo che la mosca, con una naturalezza e leggerezza impressionanti, era stata depositata a pochi centimetri dalla parete rocciosa i piccoli cerchi che formava sulla superficie del laghetto, e che rompevano per un attimo l’immobilità di quelle acque, mi indicavano dov’era arrivata.
C’era qualcosa di magico in quegli attimi, in quel luogo ed anche in quel ragazzo disabile, goffo nell’andatura e con le spalle curve; quel ragazzo deriso da tutti e costretto ad abbandonare la scuola dell’obbligo prima del termine; quel ragazzo la cui unica attività era e sarebbe rimasta quella di badare all’orto, alle galline ed ai maiali.
Non parlo certo della magia raccontata nelle fiabe, del ranocchio ridiventato principe o dello sguattero che diventava un nobile cavaliere con la sua alabarda.
Parlo della magia della natura che a volte compensa con doni ciò che alla nascita toglie.
Parlo delle capacità mnemoniche ed artistiche che possiedono molte persone autistiche.
Parlo dell’amore e della gioia infinita che sono proprie delle persone colpite dalla sindrome di Down.
Parlo di un ragazzo e della sua anima in cui trova dimora quella passione che è” l’arte della pesca” nella sua massima espressione.

Le parole allarmate di Gaetano mi riportarono alla realtà, si era fatto tardi e dovevamo rientrare a casa all’orario stabilito.
Ma non ci riuscimmo; il percorso al ritorno fù più lungo del previsto; le ombre che cominciavano a cambiare l’aspetto della gola ci rallentarono nel ritrovare il sentiero in salita che ci avrebbe portato sulla strada.
La salita stessa poi fu lenta e tragica; arrivammo stravolti, con le magliette lacere per gli spini, con graffi su tutto il corpo e sporchi di terra umida dalla testa ai piedi.
Pedalammo più veloci possibili ma quando arrivammo a casa non vi trovammo i genitori di Gaetano perchè usciti da più di un’ora a cercarci nel luogo in cui ci recavamo solitamente.

Nessun commento: