mercoledì 2 luglio 2008

LE TROTE DI "RAPIDO".......parte IV°

-Ora che la pendenza si era leggermente ammorbidita e la fatica sui pedali notevolmente affievolita, potevo rilassarmi e godere del paesaggio che mi si prospettava innanzi agli occhi; stavamo percorrendo questa strada, che ora fiancheggiava la parete di roccia sulla nostra sinistra, già da qualche decina di minuti. Alla nostra destra potevamo ammirare l’orrido, che nel tempo le acque del fiume avevano scavato nella montagna, le cui pareti erano rigogliosamente coperte di alberi e piante. Ora in alto alla nostra sinistra, posto quasi sulla sommità del monte ed incastonato in quella roccia di cui sembrava farne parte, cominciava ad apparire in tutta la sua misteriosa bellezza il monastero di S. Scolastica ed il Sacro Speco di San Benedetto.
Adesso la strada si era trasformata in una leggera discesa, se l’avessimo percorsa sino alla fine ci saremmo trovati presso un bivio da cui , girando a sinistra, si poteva raggiungere il parcheggio per i monasteri, mentre poco più avanti sulla nostra destra avremmo trovato un piccolo sentiero, ormai a livello fiume, che ci avrebbe portato in una radura sul greto dell’aniene e ad un caratteristico ponte di legno che lo attraversava (… quella sarebbe divenuta una meta di pesca tra le mie preferite negli anni successivi).
Ma il luogo in cui dovevamo recarci oggi si trovava a metà della discesa.
Appoggiammo le bici, dopo averle legate tra loro, in una cavità della parete rocciosa e ci affacciammo sul dirupo; il fiume sotto di noi non era del tutto visibile per la folta vegetazione ma quella trentina di metri che ci separavano non ci impediva di sentirne il caratteristico”respiro”; lo spettacolo naturale era veramente stupendo e misterioso tanto quanto sembrasse pericoloso il calarsi in quella forra.
Ma Gaetano non ebbe nessuna remora e senza dire nulla, dopo aver preso la sua canna da pesca, cominciò a scendere; a quel punto non mi restava molta scelta o molto da pensare…quindi m’incamminai dietro di lui.
L’attenzione e l’impegno profusi in quella discesa, sommati anche a quell’entusiasmo ed a quell’incoscienza che caratterizza lo stato d’animo di ogni ragazzo di fronte ad una nuova avventura, non ci permisero di valutare bene la situazione in cui ci stavamo cacciando e soprattutto non ci consentì di capire la notevole fatica che avremmo fatto nella risalita al nostro ritorno.
Dopo qualche scivolata, senza conseguenze per fortuna se non per l’integrità e la pulizia dei nostri jeans, arrivammo in fondo dove scorreva il fiume.
Chiamare l’aniene “fiume” in questo tratto è veramente esagerato; direi che il suo corso, notevolmente ridotto, è tale da renderlo più simile ad un piccolo torrente di montagna poichè la diga dell’enel, posta qualche chilometro a monte, diminuiva drasticamente la portata di quell’acqua limpida e gelata.
Di Rapido non c’era traccia in giro e allora cominciammo a pescare.
Ci dividemmo sulle due sponde e, alternando i piccoli vermi di terra alle camole del miele, discendemmo quel tratto di fiume.
In questo caso gli stivali a coscia ci furono davvero molto utili per alcuni passaggi obbligati in acqua, anche se era norma indossarli soprattutto come cautela per le vipere; le prime catture ci fecero ben sperare ed ammirammo, finalmente e realisticamente, da vicino i colori veramente fantastici di quei salmonidi dal corpo slanciato, simili alle trote viste nella fattoria dal mio amico....simili per colori... ma non certo per dimensioni.
Le cinque trote che catturammo in quelle poche ore, pescando in alcune buche del fiume, furono pesci a misura o poco più; l’aniene alternava tratti con acqua bassissima e veloce a tratti in cui l’acqua rallentava a formare delle piccole pozze, ed era in quelle che noi insistevamo maggiormente senza però ottenere i risultati sperati e sognati.
Gaetano più andavamo avanti più diventava triste rassegnandosi all’idea che le indicazioni avute non fossero alla fine quelle giuste quando, subito dopo una curva del fiume, ci apparve uno spettacolo inimmaginabile.

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