mercoledì 2 luglio 2008

LE TROTE DI "RAPIDO".......parte I°

-Gaetano pedalava sbuffando, un po’ impacciato dall’aver già calzato gli stivali a coscia, anche se li aveva rivoltati al ginocchio; io ero subito dietro di lui ed inforcavo la bicicletta presa in prestito da suo fratello.
Per quelle due settimane avevo avuto il permesso di usare quella bicicletta dato che Pasquale, impegnato nel servizio di leva, non avrebbe potuto certamente utilizzarla.
Io i miei stivali li avevo invece legati sulla bici insieme alla canna da pesca, ma la fatica che facevo non è che alla fine fosse poi molto diversa da quella dell’amico che mi precedeva.
Avevamo lasciato Subiaco subito dopo pranzo; partiti dalla casa dei nonni di Gaetano avevamo imboccato la provinciale che porta a Jenne e stavamo affrontando la salita.-

La nostra meta, quel pomeriggio estivo, era un tratto di fiume che scorreva in una gola stretta e boscosa nell’alta valle dell’aniene (ora parco dei monti Simbruini), nei pressi dei ruderi dell’antica villa che l’imperatore Nerone si fece costruire proprio in questo paesaggio aspro e selvaggio dove le rocce precipiti e le acque vorticose del fiume riuscivano a soddisfare la sua predilezione per le cascate, i giochi d'acqua, i laghi (ne fece costruire tre dai suoi architetti, collegati tra loro da piccole cascate, con un sistema di dighe e ponti) e soprattutto la predilezione per quei bagni freddi che all’epoca erano considerati un elisir di lunga vita.

Non ero mai stato in questo luogo del resto sino a pochi giorni prima non ero nemmeno mai stato a pesca sul fiume aniene ma, in quel giugno del 1975 iniziate le vacanze estive post-scolastiche, Gaetano mi aveva gentilmente invitato a passare un periodo di due settimane insieme a lui ed alla sua famiglia nella casa dei nonni materni.
I primi giorni ci era stato concesso di recarci in un tratto di fiume non molto distante da casa; avevamo tutti e due quindici anni all’epoca e la mancanza di una figura un po’ più matura come quella di Pasquale metteva in apprensione la mamma di Gaetano, ma il nostro comportamento irreprensibile ed il rispetto degli orari stabiliti nei primi giorni sul fiume ci aveva, a poco a poco, permesso un po’ più di libertà.
Gaetano era già un esperto conoscitore dell’aniene e delle sue trote, e non aveva grossi problemi nell’utilizzare la miglior tecnica per catturarle; con me, che ero anche il suo migliore amico e compagno di avventure, mostrava una grande pazienza nello spiegarmi come e dove pescare, nel farmi da insegnante sulle tecniche di pesca alle trote in quello che considerava un pò il suo fiume.
Il fatto di avere la possibilità di insegnare a me ciò che lui aveva imparato dal fratello, e dal contatto diretto con le trote dell’aniene, era per lui un piccolo motivo d’orgoglio. Mi ci vollero almeno un paio di giorni, tanti ami legati e tante lenze perse sui rami, per riuscire ad allamare la mia prima “trota fluviale” e raggiungere una minima padronanza nella pesca al tocco.

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