domenica 20 aprile 2008

IL GAMBERETTO VIVO

Come reperire i gamberetti vivi







Il metodo più semplice?
Retino dotato di manico di legno (o di carbonio ancora meglio) con rete a maglie strette…..proprio simile a quei piccoli retini che d’estate si vendono ai supermercati o nei negozi di articoli da spiaggia per far divertire i bambini, una torcia abbastanza potente……e tanta pazienza.
Per questo metodo di raccolta occorrono però due condizioni fondamentali: mare calmo ( o ambienti portuali con acque ferme ed abbastanza trasparenti) e chiaramente buio…..in pratica si attua nelle ore notturne.
Con la torcia si illumina l'acqua tra gli scogli o lungo la parete di un molo ed appena individuati i due occhietti del gambero, due piccoli puntini rosso-arancioni, si porta molto lentamente il retino da dietro e da sotto la posizione del gambero (tenendo sempre conto che lui si sposta all'indietro ed in diagonale) poi, cercando di appoggiarlo allo scoglio o alla parete del molo, velocemente si tira su il retino….. ed abbiamo catturato il nostro gambero da innesco..... può sembrar facile ma in genere ci si riesce una volta su tre.

Altrimenti esistono dei retini appositi (gamberiere) fatti con un cerchio ed una rete, posizionata tipo imbuto, e legati da tre cordicelle che poi si uniscono sino a diventare una....tipo una piccola bilancina da pesca, da calare in mezzo agli scogli....al centro c'è un fermo per applicare l'esca, che di solito è una sarda molto odorosa.
Questo metodo và bene anche di giorno ed in acqua bassa, ad esempio una buca tra gli scogli.
Si lascia per qualche decina di minuti in pesca e poi velocemente si salpa, spesso finiscono dentro diversi gamberi attratti dall'odore dell'esca...e anche qualche granchio....una volta ho preso persino una piccola murena.

Altra dritta di cui tener conto, se cerchiamo i nostri piccoli crostacei in un porto, è vedere se presso i moli d’ormeggio e le banchine sono fissati dei vecchi copertoni attaccati ad una corda che fungono da parabordi per l’ormeggio delle barche e dei pescherecci; se abbiamo l’opportunità di tirarle su molto probabilmente all’interno dei copertoni possiamo trovare parecchi gamberi che lì vi hanno cercato rifugio e riparo.

Per dir la verità c'è un altro modo anch’esso molto proficuo che si usa nei canali di sfocio, ed è la raccolta dei gamberi con lo “staccio”; un attrezzo particolare, simile al rastrello con manico lungo che si usa per la raccolta delle telline ma senza i denti per lo scavo nella sabbia, che viene trainato in mezzo alle alghe ...ma fà molto da “professionista”…. ed in alcune zone è assolutamente vietato.
Importante è, dopo la cattura, avere un contenitore adatto molto ampio, e pieno d’acqua di mare raccolta al momento per la contenzione delle nostre esche vive… magari dotato anche di ossigenatore nel caso dovessimo prevedere di stare a pesca per diverse ore; meglio sarebbe se dotato anche di un cestello forato (tipo scolapasta) da posizionare all’interno in modo da poter facilmente tirar su i gamberi una volta che dovremmo usarli per l’innesco…..tipo quello in foto.

Per ultimo voglio descrivere invece è un metodo che il sottoscritto non ha mai utilizzato ma che invece era solito usare frequentemente un mio amico appassionato di pesca al bolentino che ha il suo cabinato ormeggiato in un porticciolo.
Il mio amico era solito calare 4-5 di questi “marchingegni”, da lui creati con mezzi semplici utilizzando delle bottiglie di plastica vuote, sotto la barca e lungo il molo la sera prima dell'uscita a pesca.... di gamberi vivi lui ne aveva quasi sempre.
Personalmente non l'ho mai provato, non ne ho avuto l'opportunità ma a lui sembra che funzionasse.....perciò mi sento di descriverlo e di invitarvi a provare se ne avete la possibilità visto che la spesa è uguale a zero, ma a non prendervela con me se alla fine questo metodo non da i frutti che voi avete sperato.
Per costruirselo è molto facile, si prende una bottiglia d'acqua di quelle di plastica abbastanza grande e trasparente (quelle da un litro e mezzo vanno bene basta che siano trasparenti), si taglia con un coltello a circa 10 cm sotto il tappo; poi si elimina del tutto il tappo e si incastra, questa parte più piccola di bottiglia che abbiamo tagliato, al contrario in quella più grande…. tipo a creare una piccola nassa di plastica.
Poi occorre bucare tutti e due i bordi di questa piccola nassa…. il più vicino possibile a dove si era effettuato il taglio e farci passare un cordino che tenga uniti i due pezzi d bottiglia, e che ci serve poi per poter recuperare il tutto...... prima però occorre inserire al suo interno un piombo da un centinaio di grammi ed un pesce morto, meglio una sarda di qualche giorno bella puzzolente; prima di calarlo occorre riempirlo d'acqua di mare, poi lo si fa scendere lungo le banchine del molo fissando il cordino su qualche ormeggio, qualche bitta o sulla barca se uno ha la fortuna di possederla…. come quel mio amico.
Il sistema è valido sia di giorno che di notte ...i gamberi attratti dall'odore del pesce entrano nel collo della bottiglia rovesciato ad imbuto e, passando attraverso il foro dove si avvitava il tappo, penetrano all’interno della piccola nassa di plastica per cibarsi del pesce morto…. non riuscendo più a ripercorrere ed a ritrovare facilmente la via d’uscita.
Credo che il metodo possa essere valido anche dalle scogliere a picco, sempre se il mare lo permette.

venerdì 18 aprile 2008

IN TORRENTE a PENDOLINO

E’ una tecnica ed una piombatura oramai usata molto spesso, peraltro con successo e convinzione sempre maggiore, tra gli appassionati di trota-torrente soprattutto nei larghi fiumi e torrenti nordici del piano.
La caratteristica più interessante è la sua notevole adattabilità: è simile alla pesca con la spiralina ed è possibile sostituire in pochi secondi il piombo, dotato di girella; usarlo a passata o come fosse un pallettone; ed è adatto, per la sua forma ed il peso, a lanci distanti anche verso la lontana sponda opposta.
Se manovrato correttamente ed usato del peso giusto potrà consentirci di effettuare una passata senza incagli dove con altre piombature sarebbe praticamente impossibile farlo.
Si lancia sempre a monte e si controlla la fuoriuscita del filo dal mulinello con la mano come una comune passata con galleggiante. Se l’azione è corretta il piombo continuerà a camminare e saltellare sul fondo ciottoloso senza bloccarsi ma trasmetterà una continua vibrazione alla canna che, almeno le prime volte che si usa questo metodo, potrebbero dare la sensazione di tocche della trota, ma basta un po’ di pratica e alla fine si riusciranno a distinguere benissimo gli urti lievissimi del piombo sul fondo dalle abboccate…inconfondibili una volta provate.
Se il suo procedere fosse lento, rispetto alla velocità della corrente, dovremmo sostituire il pendolino con altro di qualche grammo inferiore; mentre se al contrario fosse troppo veloce aumenteremo il peso con altro pendolino; per questo è essenziale avere una serie completa di pendolini dai 2 ai 10-12 grammi…. ed oltre se necessario.
Quando la lenza passerà a valle rispetto alla nostra postazione non sentiremo più le classiche toccate sui sassi, questo è il segnale che non staremo più in pesca correttamente e quindi dobbiamo recuperare la lenza ed eseguire un’altra passata lanciando però a qualche metro di distanza rispetto al lancio precedente, esplorando così il tratto d’acqua davanti a noi a raggiera ed a varie distanze prima di spostarci definitivamente più a valle. Importante è come effettuare la ferrata in seguito alla tocca della trota: dovrà essere piuttosto ampia e decisa soprattutto quando peschiamo a grande distanza e con parecchio filo in acqua.

martedì 15 aprile 2008

LE FIONDE

Una pasturazione corretta, che sia effettuata con sfarinati o semplicemente con larve di mosca, è una fase molto importante oltre ad essere fondamentale per la riuscita positiva di ogni battuta di pesca ( nei luoghi dove essa è permessa…..chiaramente), in specialmodo quando è rivolta a quei pesci di branco che rispondono bene a tutte le varie forme di pasturazione.
Con queste mie righe non voglio... né pretendo..... di elencare quale tipo di pastura è meglio usare, in che quantità, come prepararla ecc. ecc. molti hanno già detto tutto e parlato parecchio di questo, tanto da scrivere libri di svariate pagine.
Vorrei solo dare il mio contributo ed un piccolo consiglio su un acquisto mirato di un attrezzo quasi indispensabile, da portarsi sempre dietro, quando ci rechiamo a pesca ed abbiamo intenzione di pasturare ( soprattutto con bigattini sfusi) alla giusta distanza: LA FIONDA.
Di fionde in commercio ne esistono svariati modelli e tipologie, fondamentale da parte nostra è una loro scelta oculata a secondo del loro impiego; impiego che è associato non solo al tipo di tecnica che vogliamo utilizzare ma anche alla distanza che intendiamo raggiungere e al tipo di esca con cui intendiamo pasturare.
Molti prodotti, anche di case diverse, si somigliano nella forma, nel colore e nella funzione; spesso dal nostro abituale fornitore troviamo solo alcuni marchi ed alcuni modelli…..peggio ancora può capitare se dovessimo chiedere ad un negoziante, poco propenso ai consigli, semplicemente una fionda….. non accade spesso, ma può succedere, che ci farà acquistare il modello più invenduto presente nel negozio o quello che ha in quel momento disponibile….”tanto -ci dirà- sempre fionda è”.


Le fionde in foto sono attrezzi molto economici…. similari a moltissimi prodotti in commercio, niente di “particolare”, ma che ben danno l’idea della funzione per cui sono state realizzate.
La prima (della Stonfo) partendo da sinistra nella foto ha un suo esclusivo impiego nel lancio delle larve di mosca carnaria (bigattino) ed è dotata di scodellino rigido forato; questo tipo di attrezzo viene normalmente definito “fionda da roubaisienne” perché utilizzato principalmente per effettuare un lancio di larve sfuse a galla, con una rosata molto stretta alla distanza della punta di questa canna fissa ad innesti di origine francese, per cui si otterrà un lancio corto e medio-corto ma preciso di una piccola quantità di esche ad una distanza di 10-15 metri.
Nulla vieta di utilizzare questa fionda anche per il lancio delle larve in altre tecniche diverse ( bolognese e fissa ad esempio) ma tenendo sempre conto che l’impiego e la precisione di questo modello non è consigliato per distanze maggiori.
La seconda fionda, sempre della ditta stonfo, ha elastici con azione media per generici lanci di larve, piccole pellets e minime quantità di granaglie, a media distanza ma con una rosata molto dispersiva e poco precisa.
La terza fionda, più robusta come materiale, è dotata invece di un elastico pieno ed è consigliata per il lancio a lunga distanza di granaglie, microboiles, pellets o di palline d’incollato ( bigattini appositamente trattati con destrina di mais o gomma arabica in modo da poter creare delle piccole palle coese da lanciare).
L’ultima, la più grande e con elastici abbastanza lunghi ma cavi, invece è adatta per lanci medio-lunghi anche di piccole palle di pastura compressa.
Se invece vogliamo un attrezzo veramente affidabile, ma di costo doppio rispetto a quelli presenti nella foto precedente, dobbiamo orientarci verso i modelli di fionde prodotti dalla ditta inglese della Drennan. Per il lancio a media distanza di larve sfuse o piccole palline d’incollato, pescando ad esempio all’inglese o in passata a bolognese, i migliori prodotti che ho provato sono le Drennan “Match Caty” nella versione "soft" (con elastici rossi e scodellino semirigido a rete…per lancio di larve di mosca e piccole palline d’incollato a 25-30 metri) e "strong" (con elastici blu leggermente più potenti e scodellino forato in plastica per lancio di granaglie, pellets ed incollato per lanci intorno ai 35 metri); nella stessa confezione d'acquisto troviamo inoltre un paio di elastici di riserva ( dello stesso tipo di quelli già montati ) che in realtà, oltre alla indubbia qualità del prodotto, giustificano anche l'acquisto ad un prezzo più alto rispetto ad altri attrezzi simili sul mercato. Queste fionde sono commercializzate in Italia dalla Fassa (che distribuisce anche i prodotti daiwa) e quindi si possono richiedere facilmente nei negozi che trattano con questa ditta.
Per dovere di cronaca debbo dire che si potrebbero ordinare anche online nei negozi di vendita inglesi, ad un costo molto inferiore rispetto a quello proposto in Italia che può variare dai 13 ai 16 euro ( in Inghilterra si trovano a circa 6,5-7,5 sterline, quindi circa 8-10 euro al cambio), ma occorre avere una certa dimestichezza con gli ordini online d’oltremanica ( o avere qualche amico pratico…. e non sempre lo si ha), conoscenza della lingua e sicurezza nella serietà del venditore, ma soprattutto….. molta molta pazienza nell’attesa della spedizione…. che inoltre ha i suoi costi non indifferenti da sommare al prezzo del prodotto.
Il mio modesto consiglio è quello di rivolgersi al proprio negoziante di fiducia che tratta con la ditta distributrice della Fassa ( i prodotti daiwa li trattano in molti…) o cercarne uno nella propria zona; risparmierete tempo, non dovrete aspettare forse invano…..e pagherete al momento dell’arrivo del prodotto e non prima.

lunedì 14 aprile 2008

IL MIO FIUME

Il mio fiume.....e tutto il resto non conta.

Ho deciso…domani è tempo di andare a pesca.
La giornata di lavoro è giunta al termine, problemi ed incomprensioni anche oggi…ed altri mi aspettano a casa, ma l’unico mio vero problema in questo momento è quello di trovar chiuso il solito negozio di articoli da pesca.
Acquisto il necessario e sono a casa.
Il momento di render partecipe della mia decisione la “dolce metà” è, come al solito, pieno di “risentita indifferenza”…alcune volte il silenzio è peggio di un urlo…ma tanto ho deciso.
Nella notte il pensiero di pesci magnifici lascia il posto a sogni ancor piu’ fantastici ed irreali….immagini di canne piegate all’inverosimile..... sino a quando ....suona la sveglia.
Mi alzo ed in dieci minuti sono in garage, carico il materiale in macchina e parto.
Ed è la solita sensazione, di cui mi accorgo solo dopo ed adesso che sto scrivendo, quella di aver lasciato una parte della mia vita indietro con i chilometri.
Sono già in sintonia con il mio “amico”, il mio fiume, ed il pensiero di come saranno le sue acque, se alte o basse, sporche o pulite, è l’unica cosa che importa.... adesso.
Ecco il solito bar ed è aperto, scendo dalla macchina e subito avverto che la temperatura è notevolmente diversa dall’ultima volta……è l’aria autunnale.... solo il barman è sempre lo stesso e, purtroppo………….. anche il suo caffè.
Ma il fiume è vicino…..in pochi minuti sono alla solita piazzola di sosta.
Mi carico sulle spalle l’attrezzatura con tutto l’utile e…..l’inutile.
Sono solo e solo mi incammino per quelle centinaia di metri che sembrano non dover finire mai.
I miei occhi si abituano pian piano all’oscurità e ad ogni passo aumenta distintamente il “rumore” del fiume così come il suo inconfondibile odore……
Voglio immaginare di esser solo....
Forse qualche centinaio di metri piu’ a valle o sulla sponda opposta altri pescatori stanno incamminandosi come me……ma voglio pensare di esser solo, io ed il mio fiume.
Arrivo sulla sponda che ormai conosco a memoria.
Sistemo il panchetto al solito posto e mi ci siedo aspettando i primi chiarori dell’alba.
Il mio amico è lì....sempre sveglio, non dorme mai da secoli anzi da millenni;
a volte muovendosi lento a volte impetuoso quasi arrabbiato ma mai placido…..quanta storia e quanta vita è scivolata sulle sue acque e tanta ne scorrerà ancora…….
Con i primi chiarori comincio a distinguere i contorni delle cime degli alberi sulla sponda opposta e poi……la nebbia che galleggia sull’acqua tanto eterea quanto appare palpabile quasi a voler proteggere, o nascondere al mondo, il mio fiume.
Mi sembra di essere seduto su di una nuvola.
Sospeso nell'aria, come gli alberi che mi circondano e che si stagliano sino all’infinito…..
Se dovessi mai “credere”, o solo immaginare, desidererei veramente che il Paradiso fosse un posto simile…
Intanto senza nemmeno accorgermi accendo una sigaretta, l’ennesima, ma questa ha un sapore decisamente diverso.... molto piu’ dolce, forse perché…………..
oggi sono ancora in riva al fiume........ il “mio fiume”…………e tutto il resto non conta.

sabato 12 aprile 2008

IL LIRI AD ISOLETTA

La "Porcilaia"

Io ed il mio amico Paolo (Pax), eravamo soliti frequentare le sponde del Liri, esattamente vicino al punto in cui il fiume si getta nel lago di San Giovanni Incarico, presso Isoletta (FR), e precisamente nello spot conosciuto e chiamato dai garisti pescasportivi “la porcilaia”, posto incredibilmente bello per la pesca, largo dai 70 agli 80 metri con una profondità che varia dai 3 ai 7 metri e teatro di molte gare, dal provinciale all’eccellenza.
Le specie presenti nelle acque del fiume in questo punto sono le più disparate e vanno dai cavedani alle carpe, dai black bass ai persici reali, dai carassi alle scardole, dai barbi alle tinche dalla stupenda livrea, dalle breme alle savette…. pesce ormai praticamente sparito in quasi tutte le acque della nostra regione tranne che in questo fiume…. dai triotti di taglia "super" per finire…… alle fameliche alborelle (fonte di cibo per enormi e maestosi cavedani, per i black e per qualche sporadica e grossa trota che discende il fiume dal tratto molto più pulito qualche km. a monte) che fortunatamente nel periodo invernale diminuiscono la loro attività.
Le acque pur non essendo propriamente pulite e trasparenti, causa anche la confluenza del fiume Sacco poco a monte dello spot, sono ricchissime di pesce che però, vista anche la presenza costante di garisti e la notevole pressione pescatoria nei week-end, ha imparato la lezione ed ora è molto più difficile da catturare. Bisogna quindi affinare ed estremizzare la tecnica e le attrezzature per riuscire ad avere ragione delle nostre prede ed indurle ad avvicinarsi sulla nostra pastura e ad abboccare alle nostre esche.
Le postazioni sull’argine sono facilmente accessibili e distanti una quindicina di metri una dall’altra, essendo stato come detto prima un campo gara per molti anni.
Un luogo da roubasienne sicuramente, un po’ meno da bolognese dato il poco spazio nelle postazioni e la profondità del posto (5-7 mt.).
Ma per me, appassionato di pesca con i pasturatori, chiaramente uno spot da feeder-fishing…. tecnica polivalente che può essere usata ovunque e con risultati spesso migliori di quelli ottenibili con altre tecniche più blasonate (e più costose…per attrezzatura e materiali).
L’ultima mia pescata, molto positiva del resto, in quello spot risale alla scorsa estate quando in una giornata di settembre decisi di recarmi sul Liri in compagnia del mio nipotino di 13 anni che voleva venire per forza a far compagnia allo zio ed a vederlo pescare.
Arrivati la mattina di un mercoledì sul luogo ( quasi sempre deserto come in ogni giorno feriale, mentre è difficile trovar posto nel fine settimana ed è quindi sconsigliabile recarsi dopo l’alba pena trovare tutti i posti già occupati) monto la mia beast-master medium di 12 piedi, corredata con uno shimano exage 4000, imbobinato con del monofilo dello 0,18.
Per i finali invece ho alternato uno 0,12 con uno 0,14 (quando le carpe sono entrate in pastura) montando gli ami “carbon feeder” della Drennan nella misura del 20 e del 16, mentre per i pasturatori ho utilizzato dei block-end ed ho iniziato usando prima il “black-cap” della kamasan alternandolo spesso con un “feeder-link”, che mantiene una posizione più verticale facendo uscire i bigattini a pioggia sul fondo che in quel tratto è un po’ melmoso.
Ho realizzato come montatura un “bolt-rig” con dei tubicini conici con funzione di antigroviglio; bigattino aromatizzato con due cucchiai di curry come esca e un pò di pastura salata da usare come tappo, per consentire una discesa sicura al pasturatore riempito con gli stessi bigattini aromatizzati senza disperdere il contenuto in fase di discesa e posizionamento sul fondale.
Essendo la zona di pesca da raggiungere abbastanza distante ( bisognava pescare lontano almeno 40 metri vista la presenza in questo periodo sottosponda delle fameliche alborelle) allora ho optato all’inizio per un black cap di 40 grammi, visto che a centro fiume vi sono circa 7 metri di acqua e una corrente omogenea e costante.
La prima mezz’ora è passata con una serie continua e molto ravvicinata di lanci per fare il fondo, quando mi sono posizionato per l’attesa purtroppo ho constatato che anche a quella distanza imperversavano solo le alborelle.
Spesso alternavo le esche, bigattini e mais, ma con scarsi risultati…. per un’altra mezz’ora buona solo alborelle con il bigattino.
Quando stavo già pensando di cambiare impostazione di pesca, dedicandomi all’utilizzo costante di mais e microboiles, le alborelle hanno improvvisamente cessato di abboccare……come fossero improvvisamente sparite.
Pochi secondi e il quivertip della canna si flette …..immediata la mia ferrata.
Dopo un po’ la prima breme è nel guadino…..poi la seconda e la terza; anche un bel barbo ha gradito la pasturazione e dopo una lotta incerta è finito sotto l’obiettivo della macchina digitale di mio nipote che ha cominciato a fotografare di tutto…anche gli insetti.
Dopo un paio d’ore in cui mi son divertito con catture costanti di breme e carassi la prima “regina” è uscita a passeggio per far colazione…circa 1,5 kg. portata a guadino poco dopo…. poi un’altra, immagino, mi ha salutato dopo aver sfilato almeno 30 metri di monofilo dal mulinello…lo 0.12 non ha retto.
La decisione di cambiare diametro del finale ed amo è stata giusta perché subito dopo un’altra grossa carpa ha fatto flettere il cimino della beast-master; non c’era modo migliore per testare la parabolicità e la robustezza di questa canna della shimano con questo duro combattimento, dagli esiti per nulla scontati, durato almeno 15 minuti….mio nipote era al settimo cielo….già pronto con il guadino dall’inizio della prima fuga del pesce, ma che alla fine mi è stato di grande aiuto nel guadinarlo…. da solo mi sarebbe stato difficile farlo vista la grandezza di questa stupenda carpa che a stima credo superi abbondantemente i 6 chilogrammi.
Giornata stupenda di grande divertimento con un clima meraviglioso e passata quasi senza accorgersene….come del resto è facile accada spesso in questo luogo fantastico per la pesca, il cui itinerario consiglio vivamente a tutti….non ve ne pentirete.
Ricordatevi che per pescare nelle acque ricadenti nel territorio della provincia di Frosinone oltre alla licenza governativa occorre anche un tesserino segnacatture con validità annuale rilasciato dalla provincia di Frosinone dietro un versamento di poco più di 5 euro.

UN NUOVO TRAMONTO

Quando il vento placa il suo respiro
e la nostra ombra ci ha oramai abbandonato,
quando anche l’ultima onda và a dormire
al saluto di quel gabbiano attardato,
un altro giorno è finito,
......vissuto o stancamente passato,
e un nuovo tramonto è arrivato.

NICO

AD UN AMICO....lontano.

.........Oggi il vento del Nord ha iniziato a spirare
e mentre le nuvole spinge lontano sino a farle fuggire
montagne già innevate,
altrimenti celate,
sembran d'incanto vicino apparire.

Non ha rispetto alcuno questo vento gelato.................
le secolari querce oramai ha definitivamente spogliato
da quelle foglie la cui vita svanita aveva ingiallito.

Anche quel placido lago “sabatino”, che tanto tu hai amato,
oggi dal forte vento schiaffeggiato,
mostra al mondo il suo volto agitato.

La natura si è fermata proprio questa sera.............
ma, mentre lei ripartirà come ogni anno a primavera,
per te oggi il tempo qui tra noi è finito;
quel vento gelato non ti ha risparmiato..
un attimo, un sogno, e te ne sei andato.

Ma il tuo sorriso no, non è andato perduto
quello lo hai lasciato......
negli occhi e nel volto del tuo piccolo fiore che è nato.
Silvia, la tua "primavera" d’amore, in dono hai affidato
a chi dovrà convivere con il dolore ed il ricordo di averti immensamente amato....

Ora che ci penso, ed è un vero peccato,
io e te insieme non abbiamo mai pescato
perciò aspettami Edo... sulla tua barca dal guscio perlato,
che quando anche il mio tempo sarà terminato
andremo a pescare i lucci d'argento sul Lago Dorato.

CIAO EDOARDO.



....riposa in pace, amen.















NICO

venerdì 11 aprile 2008

IL TEVERE presso il mobilificio "Rossetti"

LA FATTORIA ED IL CANALETTO

Non sono amante della pesca nelle cave private, poche sono state le volte che mi sono recato in questi stagni a pagamento e quasi sempre per portare mio figlio a pesca di trote iridee d’allevamento o per qualche incontro con gruppi di amici.
Qualche volta mi sono recato dietro il mobilificio rossetti sulla salaria presso il lago “la Barcaccia”, zona Monterotondo, che usavamo come base di riunione e di test attrezzatura con alcuni membri di un’associazione sportiva di pesca di cui facevo parte.
Questa cava naturale, formatasi dalle filtrazioni d’acqua e dall’esondazioni del Tevere, si trova proprio a pochi metri dal nostro biondo fiume ed i miei occhi ed il mio istinto verso la pesca “libera” mi hanno spinto a provare quel tratto di fiume invece che “rilassarmi” all’interno di quel laghetto.
Le zone che ho maggiormente frequentato sono due.
La prima si trova proprio dietro il capannone della fattoria che s’incontra prima di arrivare alla “barcaccia”; zona e tratto pescabile ed abbastanza frequentato….ci troviamo un tratto di sponda in terra ed un altro con massi, un po’ scomodi per il posizionamento, a protezione delle alte sponde.
In questo tratto di fiume la presenza delle bremes e dei cavedani è assicurata come anche quella di qualche gardon……ma appena scalda un po’ di più l’acqua si notano saltare delle carpe veramente impressionanti anche se non è propriamente un posto frequentato da praticanti del carp-fishing.
Valide le tecniche della bolognese e del ledgering con cui è possibile anche portare a termine positivamente qualche bel combattimento.
La corrente nei primi metri presso la sponda è affrontabile con grammature basse per la bolo mentre al centro chiaramente aumentà d’intensità ; a ledgering è possibile affrontare questo tratto di fiume con pasturatori block-end, tipo i black cap della Kamasan da 30-40 grammi, lanciando entro i 20-25 metri subito dopo lo scalino del fondale, che presso la fattoria è abbastanza libero da incagli; come esca bigattino o mais e come pastura una pastura dolce con aggiunta di grani di mais e di canapa (quelli dei barattoli per pesca o alimentazione…. vanno bene entrambi).
L’altro tratto è più nascosto e di difficile individuazione e si trova prima della fattoria; si deve lasciare la macchina presso il ponticello che si attraversa per scavalcare un fosso che si immette nel tevere, e costeggiare a piedi sulla sinistra il fosso stesso sino alla sua confluenza col fiume (circa una quarantina di metri); qui affacciarsi dalla sponda molto alta rispetto all’acqua e trovare una specie di scalini per scendere. Lo spot di pesca è stato scavato nella terra proprio nei pressi della foce, immagino da carpisti che lo frequentavano, che hanno creato anche questa sorta di scalini e di due piccole postazioni in piano per i panchetti o le sedie.
Lo spot è molto stretto ed a stento ci pescano due amici…se è occupato meglio ripiegare presso la fattoria.
Ma quel posto merita una o più visite, se ancora si trova nelle condizioni che conoscevo un paio d’anni fa; nel periodo da maggio a ottobre quel tratto di sponda, che offre uno scalino molto pronunciato sul fondale a 20 metri di distanza, è frequentato da carpe di taglia super che si accostano e frequentano quello scalino, maggiormente nelle fasi precedenti e prossime all’accoppiamento (maggio e giugno) ma anche nei periodi successivi.
Lì ho tirato fuori le più grosse carpe a ledgering, con attrezzature che definire “light” è come sovradimensionarle, ma la pesca è per me anche una sfida continua e test per le proprie capacità e per le attrezzature.
Tirar fuori carpe da 10 kg. con trecciati e finali dello 0.40 non fa per me.
Mi dà più soddisfazione combatterle con canne medium, finali dello 0.14-0.16 e 0.20 in bobina ed ami del n° 14 innescati con un fiocchetto di bigattini.



Come ho accennato in questo tratto di foce del canaletto nel tevere, tratto con pochissima corrente, occorre pescare a circa 20 metri e trovare la base e la parete dello scalino; i pasturatori più indicati sono gli open-end, tipo i grossi “tazzoni” della fox nella grammatura dai 42 ai 56 grammi.
Vanno tappati con della pastura dolce bagnata il giusto e con l’aggiunta di farina di canapa e di crisalide, inserendo tra un tappo e l’altro qualche chicco di mais e una manciata di bigattini.
Le dimensioni dei tazzoni fox si prestano bene a questa “farcitura” con cui portare sul fondo la giusta quantità di pastura e di alimento più consistente (bigattini e mais).
Occorre riempire spesso il pasturatore almeno all’inizio in modo da creare un tappeto di pastura che possa attirare i grossi ciprinidi presenti…….occhio sempre alla canna che deve essere ben posizionata sul picchetto, regolare bene la frizione (consiglio di utilizzare solo una canna per persona, sia per lo spazio limitato che per evitare qualsiasi problema nel combattimento con una grossa carpa) le partenze sono brucianti e si rischia di veder finire la canna a mollo trainata da un bel bestione.


IL "MITICO" PAX ( ...mio "socio di pesca" e compagno di viaggi ed avventure) con una signorina del posto

L'articolo in questione è dedicato ad un ex-amico....geloso e reticente nella divulgazione dei posti di pesca.

giovedì 10 aprile 2008

BOLENTINO: snodi e brillature, parte II°

LA BRILLATURA


La realizzazione di una “brillatura” di una decina di cm. sul finale ( doppiatura o treccina ) assicurerà una certa rigidità al terminale in modo da allontanare il finale stesso dal trave e diminuire la possibilità di attorcigliamenti.
La sua realizzazione non presenta grosse difficoltà; una volta che si è capito il metodo, di per sé molto semplice, e si è acquisita una certa manualità la realizzazione della treccina ci ruberà solo qualche decina di secondi.
Come si può notare dalla sequenza di foto la prima cosa da fare è una doppiatura del finale ( foto n° 1 ) approssimativamente della stessa lunghezza della brillatura che vogliamo ottenere (….meglio abbondare un po’ tanto poi taglieremo il nylon in eccesso ); prendiamo un capo libero del filo tra l’indice ed il pollice della mano sinistra e facciamo la stessa cosa sull’altro capo con la mano destra; facciamo ruotare i capi con un movimento del polpastrello del pollice a sfregare sull’indice ( foto n° 2 )….. ma dovremo imprimere le due rotazioni contemporaneamente ed una in senso contrario all’altra (se con le dita della mano sinistra imprimiamo una rotazione in senso orario con le dita della destra dovremmo imprimerlo in senso antiorario…).
Alla fine otterremo la treccina nella lunghezza da noi desiderata ( foto n° 3 ), ora non ci rimane altro che bloccare i due capi con un nodo doppio o con una goccia di attack (meglio sarebbe prima fare un piccolo nodo e poi bloccarlo con il collante); tagliamo a filo nodo il capo libero più corto e poi tagliamo l’altro capo ( a cui andrà legato l’amo) della lunghezza desiderata, tenendo sempre presente la necessità di lasciare qualche centimetro in più per effettuare la legatura dell’amo.
Otterremo così il nostro finale, irrigidito dalla doppiatura, con una piccola asola ad un capo e l’amo all’altro ( foto n° 4 ); non resterà che far passare prima l’asola all’interno dell’anello libero della girella, poi infilare e far scorrere l’amo ed il finale all’interno dell’asola stessa e …..tirare.



















































QUALCHE CONSIGLIO IN PIU’…

Nella costruzione del nostro calamento con snodi, che sia a due-tre ami o con un solo lungo finale, dobbiamo porre attenzione alle distanze su cui posizionare gli snodi sul trave a cui poi verranno collegati i finali; bisogna sempre calcolare almeno 10-20 cm. in più del tratto di trave compreso tra i finali rispetto alla lunghezza dei finali stessi (facendo riferimento sempre al finale più lungo) e nel tratto di trave tra il finale superiore e l’asola per l’attacco al moschettone del monofilo in bobina; questo per evitare, durante la discesa sul fondo del nostro calamento o durante il suo recupero, un possibile accavallamento dei terminali…………gli esempi nei disegni ritengo che possano render bene l’idea.





















Anche se, con l’utilizzo degli snodi e delle brillature così come rispettando le loro corrette distanze sul calamento, diminuisce notevolmente la possibilità di sovrapposizioni dei finali col trave è buona regola anche nel bolentino di effettuare sempre un piccolo lancio sottomano, a qualche metro di distanza dal natante ed in favore di corrente, in modo tale che la discesa della lenza con piombo terminale avvenga in diagonale e non perpendicolarmente alla canna; così si darà modo al finale od ai finali con l’esca, molto più leggeri, di calare staccati e perpendicolari rispetto al piombo, che nella sua discesa verso il fondo, trascinerà loro ed il resto del monofilo.
Anche le classiche tavolette di sughero, dove una volta si avvolgevano i terminali, sono ormai superate oltre che introvabili.
Sino a poco tempo fa il sughero era l’unico materiale adatto e disponibile per avvolgere i nostri calamenti di scorta pazientemente preparati a casa, ma presentava anche un paio di grossi difetti: i terminali, al momento del loro svolgimento, presentavano delle pieghe difficilmente eliminabili ed anche gli ami, appuntati nella tavoletta, mostravano dei danni irreversibili da fenomeni di corrosione dovuti al ristagno dell’acqua marina che penetrava nel tessuto poroso del sughero.
L’interessamento di grossi produttori, nella promozione dell’agonismo anche per la pesca da natante, ha portato alla creazione ed all'introduzione di materiali sintetici.
Ora sul mercato per avvolgere i calamenti sono disponibili dei rullini bordati di varie dimensioni e di prezzo contenuto che permettono di avvolgere i nostri terminali evitando il formarsi di angoli acuti sul filo; inoltre il materiale sintetico con cui sono realizzati oltre ad impedire quei fenomeni di corrosione già citati consente di poter scrivere sulla loro superficie con un pennarello indelebile tutte le informazioni relative al calamento avvolto; la loro conformazione permette allo stesso tempo di poterli riporre ordinatamente in una qualsiasi cassetta di pesca, anche uno sopra l’altro, senza correre il rischio di danneggiare i terminali avvolti.

BOLENTINO: snodi e brillature, parte I°

Dettagli tecnici nella realizzazione dei calamenti:
gli snodi e le brillature


Sulla pesca al bolentino sono stati sprecati fiumi d’inchiostro…. nell’elencare le attrezzature più idonee, le esche più consone per la cattura di una specifica preda, i periodi migliori per questo o quell’altro pesce, i modi di pescare: ancorati o a scarroccio con ancora galleggiante…. ecc.ecc.; per questo ritengo che sugli argomenti sopra citati è meglio non aggiungere altro.
L’unico aspetto lasciato in secondo piano, e a cui non viene dato il giusto risalto ai fini del buon esito di una pescata, è una corretta realizzazione dei calamenti o almeno una sua spiegazione abbastanza chiara e dettagliata .
In fondo in tutte le tecniche di pesca gli aspetti che condizionano l’esito di una pescata sono sempre gli stessi e cioè ( e secondo il mio parere non fa eccezione nemmeno il bolentino) una corretta presentazione dell’esca, così come l’utilizzo di un amo appropriato all’esca stessa ed alla taglia del pesce insidiato, e una giusta grammatura del piombo utilizzato per tenere le esche in prossimità del fondale….…..è sottinteso che dovremmo trovarci a pescare in un luogo (secca o relitto) in cui è certa la presenza delle nostre prede altrimenti staremmo solo a far fare il bagno ai nostri vermi….
Spesso però si pensa, e soprattutto si dà massima importanza, all’acquisto di un buon mulinello ed una buona canna al carbonio di ultima generazione, con un’azione adatta al piombo utilizzato, credendo che questo basti per ottenere dei risultati migliori; mentre poca attenzione viene rivolta alle notevoli innovazioni che campioni nazionali di pesca da natante hanno apportato alla realizzazione dei loro terminali.
Molti potrebbero obiettare che nel bolentino, oltre alla conoscenza dei luoghi, delle abitudini dei pesci e delle secche migliori, basti solamente utilizzare un piombo ed un amo legato alla fine di un lenza avvolta su di una tavoletta di sughero per ottenere buoni risultati e tirar su prede di tutto rispetto….e, personalmente ed in parte, do loro ragione.
Ma se parliamo di utilizzare canne in carbonio e mulinelli costosi anche nella pesca-sportiva a bolentino di basso e medio fondale, progettati appositamente per questa tecnica, e per esca utilizziamo quei vermi d’allevamento che si trovano in scatoline il cui costo equivale a quello di un chilo di pesce comperato al mercato….non possiamo relegare in secondo piano l’importanza di una corretta utilizzazione e realizzazione dei nostri calamenti.
Conoscere le innovazioni tecniche, ideate nel campo agonistico della pesca in mare da riva ed adattate anche per la pesca da natante, è sempre utile anche per il pesca-sportivo non agonista….. se queste non presentano grosse difficoltà di realizzazione o elevate spese per un loro utilizzo.
In questa piccola panoramica vorrei descrivere come realizzare due accorgimenti utili per una corretta presentazione dei nostri finali e degli ami innescati: lo snodo e la brillatura.



LO SNODO



La realizzazione di particolari snodi sul terminale è pratica frequente, ormai già da qualche anno, in diverse tecniche di pesca come il lancetto, il surfcasting e il bolentino.
Questi snodi permettono al finale, che in alcuni casi può superare anche il metro di lunghezza, una migliore presentazione in corrente e soprattutto riducono sensibilmente la possibilità di grovigli dello stesso sul trave.
Descrivere come costruirli è più complicato che il mostrarvi un loro disegno; dallo stesso è facile intuire la corretta serie di accessori utilizzati per la loro realizzazione ed un loro corretto posizionamento.
La realizzazione più semplice prevede l’utilizzo di una girella costruita con materiale anticorrosivo altamente affidabile, nella misura più piccola possibile ma sempre rapportata al diametro del trave ed alla stazza delle prede che intendiamo insidiare, e una o due perline poste sopra e sotto la girella a svolgere una doppia funzione: quella di fungere da ammortizzatrici e quella di creare uno spessore adeguato di battuta tra il nodo e l’anellino della girella (come si nota nel disegno la serie prevede: nodo-perline-girella-perline-nodo).
In commercio poi esistono tutta una serie di accessori, più o meno validi, appositamente progettati per la realizzazione di questi snodi; secondo me però la semplicità d’uso della sola girella (ed anche la ridotta spesa per la realizzazione di un simile snodo) è sempre da preferire ed assicura una corretta mobilità sia in senso orizzontale sul trave che nello scarico delle torsioni del terminale durante la discesa sul fondo; importante è non serrare troppo tutto il complesso ma lasciare qualche millimetro di spazio alla girella per consentirle quella mobilità necessaria a ruotare sul trave.

ACCESSORI IN COMMERCIO PER LA COSTRUZIONE DI CALAMENTI A SNODO























fast connector (stonfo)
I nodini di stop vengono realizzati con uno spezzone di nylon dello 0.25 realizzando semplicemente un nodo uni a più spire e tagliando il filo in eccesso; in alternativa è possibile utilizzare al posto dei nodini anche gli stopper siliconici in gomma, altrimenti si può anche effettuare un classico nodo ad otto utilizzando lo stesso filo del trave, realizzato sia sopra che sotto le perline; sicuramente in questo modo si eviterà la possibilità di scorrimento accidentale del nodino o degli stopper, però si avranno dei nodi in più direttamente nel filo del trave del calamento.

PESCA A BOLOGNESE CON I WADERS

----RINGRAZIO il mio caro amico Roberto (GUERRIERO65) per la sua collaborazione nella creazione di questo articolo, fornendomi foto e disegni...oltre che esser stato l'artefice del mio avvicinamento a questo nuova, almeno per me, impostazione della pesca sportiva molto affascinante e con grandi potenzialità ancora da testare.-----


Questo tipo di pesca in effetti non viene molto praticato né trattato sulle riviste cartacee o siti on-line; pochi sono gli appassionati che ”osano” cimentarsi in questa attività sportiva e che hanno quella passione che li spinge nel provare a catturare qualche preda a poche decine di metri da riva rimanendo a bagno in acqua per un certo periodo di tempo; sicuramente è più facile e meno traumatico restare sul bagnasciuga provando a pescare a fondo senza galleggiante o posizionati su qualche scoglio o antemurale.









Come impostazione di pesca è molto simile a ciò che si svolge nelle acque interne; in quei fiumi dove la poca profondità del corso d’acqua nei pressi delle rive obbliga il pescatore a dover entrare per qualche metro nel fiume per raggiungere, e poter effettuare una passata ed una trattenuta più corretta, quei punti centrali dello stesso dove i pinnuti amano cibarsi. In realtà sulle coste del Lazio, quasi tutte basse e con un gradino di risacca di pochi centimetri, entrare in acqua per una decina di metri è quasi indispensabile per poter raggiungere con il lancio ( e soprattutto con i bigattini usati per la pasturazione) il canalone oltre la prima secca.
E’ un tipo di pesca che presuppone la presenza di un fondale misto sabbia-scoglio o ciottoloso; qualche risultato lo si può ottenere anche dove abbiamo solamente presenza di sabbia ma le specie di prede da insidiare diminuiscono notevolmente così come è difficile individuare i punti di transito dei pesci; il discorso cambia se nei pressi di una spiaggia è presente anche un piccolo sbocco d’acqua dolce, in questo caso la presenza di pesci, a poche decine di metri dalla foce, è assicurata. In altre regioni, che presentano diverse morfologie di fondale sotto riva, questa impostazione di pesca può essere praticata benissimo a piede asciutto; su queste spiagge, che presentano un fondale degradante già a pochi metri da riva, il gradino di risacca che si trova a qualche metro dal bagnasciuga è frequentato, nelle fasi di culmine della marea, da pesci in pascolo e predatori al seguito .....se poi questi momenti di massima attività del pesce coincidono con le prime ore dopo il tramonto del sole o le ore precedenti l’alba, abbiamo molte speranze di riuscire a vedere sparire il nostro galleggiante.
Su queste coste è molto più semplice organizzarsi per la battuta di pesca e la sistemazione dell’attrezzatura ma, come tipo d’impostazione è molto simile a quella praticata a “mollo”....a parte il fatto (...che non è di poco conto) per cui non è indispensabile acquistare ed indossare i waders per entrare in acqua.
I pesci a cui sarà rivolta principalmente la nostra attenzione sono le orate e le spigole quasi mai di enormi dimensioni, anche se la sorpresa è sempre dietro l’angolo. Anche altri pesci possono essere insidiati, negli opportuni periodi e con questa tipologia di pesca, come le mormore, le lecce stella, le aguglie, le occhiate ed i saraghi....i saraghi (...per saraghi non intendo certo le “medagliette” da 100 gr. ma quelli con i denti ingialliti dalla vecchiaia) li ho lasciati per ultimi perché principalmente questa pesca, in virtù del fatto che si svolge in acqua e ci trova immersi sino alla cintola, presuppone mare calmo o poco mosso e di norma i saraghi di taglia in queste condizioni di mare è difficile che si avventurino nel sottocosta.... se lo fanno ciò accade principalmente nelle ore notturne o nei periodi di cambio di luce (alba e crepuscolo);

solamente con mare in scaduta, che però risulti affrontabile con i waders senza esporci a pericoli inopportuni, potremmo incontrare i saraghi di media pezzatura a pascolo anche nelle ore diurne. Come ho accennato poco prima le condizioni meteomarine sono importanti sia per una corretta azione di pesca sia per evitare pericolosi bagni fuori programma; per questo motivo i periodi migliori per poter affrontare il mare con i waders sono quelli che vanno dalla primavera inoltrata (Aprile-Maggio) sino ad inizio autunno (Ottobre -Novembre). Da tener sempre presente che nel periodo estivo vanno considerati gli orari in cui vige quel diritto sacrosanto alla balneazione dei turisti, non solo per evitare le pesanti sanzioni dovute al divieto di esercitare la pesca sportiva nella fascia oraria consentita per i bagnanti, ma soprattutto per evitare di creare situazioni di pericolo a chi, giustamente, pretende il diritto di recarsi in spiaggia a prendere il sole e di fare il bagno in tutta tranquillità, senza incorrere nella non remota possibilità di essere agganciato da un amo.Di norma dal 1 maggio sino al 30 settembre si può esercitare la pesca da riva dalle 19.00 (o 20.00 a secondo delle disposizioni della C.P.) fino alle 08.00 del mattino; questi orari comprendono le due situazioni a noi più congeniali: le ore che precedono l’alba sino alle 08.00 e le ore prossime al tramonto sino a notte inoltrata.

L’attrezzatura, in genere utilizzata in questo tipo di pesca, è facilmente intuibile che debba essere ridotta al minimo indispensabile; come canne in genere si utilizzano delle adeguate (6-7 metri) e leggere bolognesi ad azione semi-parabolica abbinate a mulinelli adatti ad un loro corretto bilanciamento (dovremmo per forza tenerle in mano....) ed imbobinati con un buon 0.14-0.16....meglio sarebbe poter disporre di bolo telescopiche con anellatura adattata tipo “pesca all’inglese”, per un miglior scorrimento del filo nel lancio. Anche le classiche match-rod vengono spesso utilizzate; anche se una lunghezza maggiore degli attrezzi nelle nostre mani (6-7 metri) ci consente di riuscire a tenere il filo molto più alto rispetto alla sempre presente ondina di risacca che altrimenti, agendo sul monofilo, farebbe compiere dei movimenti innaturali al nostro galleggiante. La ridotta minuteria di ricambio, và posizionata nei gilet multi tasche di tipo classico....anzi meglio sarebbe l’utilizzo di giberne impermeabili o gilet corti ( tipo pesca a mosca ) vista la possibilità di schizzi d’acqua dovuti alla nostra presenza nell’elemento liquido immersi sino alla vita. Un corto guadino (tipo quelli a scatto utilizzati per la trota-torrente) attaccato ad uno dei ganci del nostro gilet può essere molto utile nel caso di catture di taglia. La sacchetta con i nostri bigattini al collo, una buona fionda in tasca e.....siamo pronti per entrare in acqua e pescare.E chiaro che nel 90% dei casi ci troveremo ad operare su dei fondali con altezze comprese tra 1 e 3 metri e con condizioni quasi sempre di mare poco mosso e corrente moderata o quasi assente; in queste situazioni la nostra lenza dovrà essere la più leggera possibile per far calare la nostra esca in modo naturale; per questo spesso si usano posizionare, su quel breve tratto di lenza, pochi e piccoli pallini.....in alcuni casi nessuno!!! Ma dobbiamo anche tener conto che queste spallinate di pochi decimi di grammo, abbinati ad un galleggiante classico di 0.50 grammi, mal si adattano per essere lanciati ad una certa distanza da noi in modo tale da raggiungere la zona di pascolo oltre il gradino della prima secca.
Proprio per questo vengono spesso utilizzati dei waggler piombati (dai 3 ai 6 grammi) in penna di pavone (straight) adatti per il montaggio della starlight in caso di utilizzo notturno; ottimi sono quelli che hanno la piombatura a dischi asportabili in modo da poter variare il numero di pallini pinzabili sulla lenza nelle varie situazioni marine e di corrente che dovessero capitarci.
Alcune volte però ci potremmo trovare a dover affrontare un mare formato e con presenza di una discreta corrente, in queste situazioni i nostri straight in penna di pavone risulterebbero inadatti e molto difficili da gestire; si dovranno perciò utilizzare dei galleggianti classici con forma adatta (pera o goccia rovesciata) per questo tipo di condizione e con deriva in metallo ma....modificati ad hoc. Basterà infatti inserire, sulla deriva in metallo del tappo, una torpille allargando il suo foro o avvolgere sulla deriva stessa del sottile filo fusibile di piombo ( e bloccare il tutto con una goccia d’attack) per circa il 70-80% del suo peso portante ( per esempio: per un galleggiante da 4 grammi inserire una torpille di 3 grammi o avvolgere una quantità simile di filo fusibile). Avremo così un galleggiante adatto alle condizioni del mare, sensibile e già in gran parte piombato che ci consentirà dei lanci abbastanza lunghi ( ma sempre a tiro gittata della nostra fionda....aspetto importante!!) ed al contempo ci permetterà di ridurre al minimo indispensabile, per una corretta presentazione della nostra esca, la piombatura attiva sulla lenza; dovremmo solo prestare massima attenzione nel lancio e trattenere la fuoriuscita del monofilo dal mulinello un attimo prima che il galleggiante tocchi la superficie dell’acqua in modo da far distendere la lenza ed il nostro finale così da evitare degli accavallamenti ed improduttivi grovigli del finale.
Come avrete intuito le condizioni che potremmo trovarci ad affrontare sono molteplici, così come molteplici saranno le possibilità di realizzazione delle nostre lenze: potremmo pescare a galla ed in leggera calata con totale assenza di piombatura, staccati dal fondo in presenza di scogli insidiosi, con spallinate aperte o concentrate, a stretto contatto con lo stesso e con parte del finale, in alcuni casi, poggiato sul fondale misto o sabbioso specialmente in presenza di sparidi o mormore ecc. ecc. L’utilizzo della giusta numerazione degli ami e del diametro dei finali andrà sempre valutata tenendo conto sia della taglia che della specie di prede presenti o che vogliamo insidiare: ami piccolissimi (18-20) e finali sottilissimi (0.08-0.10) anche in fluorocarbon in condizioni di acqua trasparente per pesca a galla o in calata alla spigola; mentre in caso di pesca a contatto col fondo, rivolta alla cattura di orate per esempio, l’utilizzo di un amo a filo più robusto e di misura leggermente maggiore (14-16) e qualche decimo in più di diametro sul finale (0.12-0.14) sono opportuni e consigliati. Come al solito importantissima è soprattutto la fase di pasturazione che avverrà con sfiondate di bigattini sfusi in minime quantità ma effettuate spesso ed a brevi intervalli di tempo. Sempre da valutare sul posto ( in relazione della profondità, del moto ondoso e della corrente) la giusta distanza su cui concentrare la pasturazione......in presenza di mare calmo e di leggera corrente la cosa migliore sarebbe sfiondare alla distanza che riteniamo opportuna poi lanciare immediatamente, oltre quel punto che abbiamo memorizzato, il nostro galleggiante innescato e recuperarlo verso il luogo di discesa dei bigattini lanciati con la fionda in modo tale da far sì che anche il nostro/i bigattini innescati sull’amo affondino lentamente confondendosi insieme agli altri.

mercoledì 9 aprile 2008

IL FEEDER FISHING: parte VI°, applicazioni in mare

Una delle regole fondamentali nella pesca a fondo con il feeder, ed è bene ripeterlo, è la precisione dei lanci in modo da riuscire a concentrare la pastura nell’area più ristretta possibile.
Come ho già detto non è difficile prendere un punto di riferimento per stabilire la direzione, più difficile è sicuramente calcolare la distanza e la giusta forza da imprimere nel lancio, obiettivo che si potrà acquisire solo con la pratica; potremmo però avvalerci di piccoli trucchi o aiuti per risolvere questa situazione.
Alcuni consigliano di bloccare il filo dopo il primo lancio nella clip fermafilo di cui è dotata la bobina, ma io la considero una soluzione molto pericolosa perché se il pesce che si ferra è di grosse dimensioni cercherà di prendere filo immediatamente e non potendolo fare per il filo bloccato nella clip si avrà, come conseguenza e nella migliore delle ipotesi, la rottura del finale; nella peggiore, e per niente remota ipotesi, la rottura del filo in bobina proprio in quel punto; anche un lancio con troppa forza impressa otterrebbe risultati facilmente immaginabili avendo il filo bloccato dalla clip.
I metodi migliori consistono nel segnare un tratto di filo per una quindicina di cm. tra l’archetto del mulinello ed il primo anello della canna (sempre dopo aver effettuato il primo lancio alla distanza che riteniamo valida) con dello stick apposito indelebile e colorato; oppure, al posto della segnatura, fare un nodo scorsoio sul monofilo con del filo da legature (nodo in uso per fermare il galleggiante scorrevole).
Con questi aiuti visivi sapremmo dopo ogni successivo lancio se abbiamo raggiunto la corretta distanza oppure, se questo fosse stato più lungo, avremmo la possibilità di recuperare il filo sino a che il segno o il nodo non si trovi nella giusta posizione prefissata; in caso di lancio molto corto invece è meglio recuperare il tutto, ricaricare e lanciare nuovamente.
La realizzazione dei terminali validi in acque salate non si discosta molto da quelli utilizzati in acque interne; nei porti od in condizioni d’acqua lenta o ferma insidiando pesci diffidenti il classico montaggio con antitangle scorrevole è il più utilizzato (in abbinamento con elastico ammortizzatore) insieme al semi-bloccato multiloop ed al paternoster con bracciolo in derivazione per l’aggancio del feeder; in presenza di pesci da “partenza” invece il montaggio fisso (fixed-rig, elastic-rig… con corsa del pasturatore bloccata sulla lenza) consente anche la funzione di autoferrata, dato il peso del pasturatore stesso.
In acque correnti si usa il montaggio semi-fixed con antitangle, il multiloop, il bolt-rig o l’elastic-rig tutte soluzioni più o meno valide e più o meno adattabili e modificabili.
I finali, per lunghezza e diametro, vanno anch’essi adattati alle prede, alle loro dimensioni ed alle condizioni di trasparenza dell’acqua…. come avviene per qualsiasi altra tecnica della pesca al colpo.
In genere in presenza di un discreto flusso d’acqua si utilizzano finali più corti (sempre intorno ai 40-50 cm.) rispetto a condizioni d’acqua ferma (80-100 cm.) ma in presenza di pesci scaltri come le spigole si può arrivare ad utilizzare in foce anche finali dello 0.10 lunghi 150 cm. per allontanare l’esca dal pasturatore e conferirgli mobilità in corrente, vista la proverbiale diffidenza del serranide, la buona vista e la caratteristica di predare i bigattini isolati traportati dalla corrente.
Nella pesca rivolta alle orate di media taglia utilizzare ami robusti e ribattuti è d’obbligo, ma sempre nella misura adeguata all’innesco (in caso di innesco a fiocchetto di bigattini mai salire oltre al n° 14) e diametri adeguati del finale (in genere con i bigattini si usano finali di buon monofilo nei diametri dallo 0.12 allo 0.16); come ami i “super spade” della Drennan, la serie B 900 della Colmic o le serie 14 e 27 Tubertini sono altri validi modelli.
E’ buona norma in acqua ferma di spostare il pasturatore recuperando, dopo alcuni minuti dalla posa a terra del feeder e dalla messa in tiro del vettino della canna, approssimativamente tanti cm. quanto è lungo il finale con l’esca in modo da portare l’amo innescato nel piccolo tappeto di bigattini o di pastura già fuoriusciti dal pasturatore.
In acqua corrente, se la fuoriuscita dei bigattini è molto veloce già durante la discesa sul fondo, occorre tappare alcuni fori del feeder con del nastro da elettricisti oppure utilizzare i bigattini nel feeder comprimendoli tra due tappi di pastura preparata bagnando una classica pastura da mare in maniera leggermente inferiore alla bagnatura che normalmente occorre per realizzare le classiche palle, in modo che lo sfaldamento sia quasi immediato dopo l’arrivo del feeder sul fondale.
La tecnica di pesca col pasturatore è nata chiaramente come tecnica diurna ( nelle acque interne la pesca notturna di regola è vietata) è tale rimane anche in ambiente marino, proprio per questa ragione può essere una valida alternativa alle tecniche di pesca col galleggiante.
Nella pesca in foce o da un molo di un porto la movimentazione di barche più o meno grandi e di pescherecci fanno, di queste zone, le meno tranquille in assoluto. Queste condizioni fanno sì che i pesci più grossi con la luce del sole difficilmente accostino nei pressi delle sponde, a tiro di fissa o bolognese, ed invece se ne stiano ad una certa distanza, magari nei punti centrali più profondi, aspettando la fine e la cessazione delle attività alieutiche che avviene sempre dopo il tramonto o la notte. Perciò prima di questo momento, in cui il pesce diffidente decide il suo avvicinamento, dovremmo essere noi ad andarli a cercare; ecco perché la pesca con il pasturatore, a distanza e sul fondo, può essere valida alternativa ad altre tecniche durante le ore diurne.
Ma, con dei piccoli accorgimenti e per chi volesse, è possibile anche riuscire a praticare la pesca notturna a fondo con il feeder.
Il problema fondamentale da risolvere nella pesca notturna è la visibilità dei segnalatori d’abboccata che con i loro movimenti ci consentono di avere quell’immediata reazione di una tempestiva ferrata; nel caso di un galleggiante la corretta visibilità viene risolta con l’applicazioni di luci chimiche al posto dell’astina di segnalazione di cui sono dotati, mentre nella pesca fondo classica si è soliti usare appositi portastarlight da applicare al vettino della canna.
Nella pesca con il feeder, come sappiamo, la segnalazione d’abboccata è data solamente dai movimenti del sensibile e sottilissimo tip; perciò qualsiasi applicazione fissa su di esso non solo risulterà problematica da effettuare ma ne comprometterebbe e ne bloccherebbe la sua corretta azione di curvatura sotto trazione con conseguente e molto probabile rottura del vettino stesso; inoltre qualsiasi accessorio supplitivo al tip, sia nel momento del lancio che nell’eventuale recupero di una preda, provocherebbe impedimenti e grovigli al filo, vista la dimensione dei microanelli di cui sono dotate questi vettini interscambiabili.
Per visualizzare di notte i movimenti dei sottili e delicati quiver tips si usa applicare sugli stessi una serie di strisce adesive catarifrangenti (un paio di cm. in altezza e ad un paio di cm. di distanza una dall’altra), se sul molo è presente qualche fonte d’illuminazione artificiale; se invece ci trovassimo a pescare nel buio quasi completo le strisce adesive da applicare dovranno essere luminescenti a fosforescenza che si caricano all’esposizione di luce diretta e la emettono al buio per un certo periodo di tempo (tipo le lancette d’orologio o come in alcune esche artificiali in uso nel bolentino notturno).
Un altro espediente per l’uso notturno, copiato direttamente dal carp-fishing, è l’applicazione di un segnalatore d’abboccata a sgancio rapido, del costo di pochi euro e prodotto dalla Stonfo, sul filo del mulinello.
In questo caso, non dovendo più essere il vettino con i suoi movimenti a segnalarci l’abboccata, dovremmo utilizzare per forza degli attrezzi più rigidi oppure, se disponiamo solo di una canna, applicare il quiver tip di portata maggiore; al foro inferiore del segnalatore, prodotto in plastica trasparente dotato di due ganci in plastica a “C” in opposizione tra loro e un paio di boccole bronzate avvitabili di peso diverso, andrà fissato circa 50-60 cm. di monofilo di grosso diametro o di trecciato; l’altro capo dello spezzone di filo andrà fissato alla struttura di sostegno su cui è poggiata la canna.
Agendo sulle boccole filettate di grammature diverse (da valutare il loro montaggio e sostituzione in base alla forza della corrente ed all’opposizione dovuta al peso del pasturatore) si potrà stabilire la vicinanza o meno dei due ganci tra loro in modo da avere la giusta tensione perché l’avvisatore rimanga bloccato sul filo ma, nel caso di ferrata, abbia anche la possibilità di sganciarsi facilmente in modo semi-automatico (più difficile a spiegarlo che a farlo…).
Al suo interno di plastica trasparente possono essere inseriti sia dei pallini di piombo per appesantirlo ulteriormente, dando così la giusta angolatura al filo che esce dal mulinello, sia una classica luce chimica per visualizzare i suoi movimenti al buio.
Gli spostamenti, in seguito ad abboccata, saranno così segnalati non più solo dal vettino ma direttamente sul filo e, quindi, dai sobbalzi o saliscendi del segnalatore con starlight agganciato ad esso.
L’applicazione corretta del segnalatore di solito è tra il mulinello ed il primo anello della canna (come in foto) mentre il cordino o monofilo che lega il segnalatore và fissato ad un sostegno fisso e sicuro (sedia, panchetto, rod pod ecc.).



IL FEEDER FISHING: parte V°, applicazioni in mare

APPLICAZIONI NELLA PESCA IN MARE

La pesca col pasturatore, come abbiamo visto, è nata in Inghilterra per la pesca a fondo nelle acque interne; la sua diffusione in Europa ha portato questa tecnica, di facile applicazione e che permette di ottenere dei buoni risultati in molteplici situazioni, a sviluppi e adeguamenti per adattarla alle diverse condizioni di pesca, sia in acque interne ed in parte anche nell’ambiente marino.
In parte, perché questa tecnica ha un suo limite difficilmente superabile con qualsiasi accorgimento; ancor di più, rispetto a tutte le altre tecniche che si svolgono a stretto contatto col il fondale, il feeder-fishing per esprimere al meglio le sue potenzialità và utilizzato solamente in presenza di un fondale “pulito” e privo di asperità e possibili incagli sul fondo.
Lanciare un pasturatore da una scogliera naturale con il fondale antistante irto di scogli e massi sarebbe improduttivo e deleterio sia per il risultato finale della pescata sia per le nostre tasche, visto il costo di ogni pasturatore. Anche quando il fondale, pur privo di asperità, presentasse però fitti banchi di alghe o poseidonie l’utilizzo di questa tecnica non è consigliato, il pasturatore scomparirebbe al di sotto delle piante acquatiche nascondendo pastura ed esca alla visibilità delle possibili prede compromettendo la fase principale e fondamentale della tecnica che è la corretta pasturazione.
Tre luoghi sono ideali per l’utilizzo del pasturatore a fondo in mare: i porti (grandi e piccoli), le foci (fiumi e canali), e le scogliere artificiali poste a protezione di rive o di moli che presentino un fondale antistante sabbioso o ciottoloso.
In questi luoghi il feeder fishing può essere utilizzato sia in maniera alternativa che complementare ad altre tecniche di pesca come quelle con lenza sostenuta da galleggiante.
Alternativa semplicemente per preferenza soggettiva, perché qualcuno può trovare più o meno soddisfazione nell’uso di una tecnica rispetto ad un’altra.
Complementare invece perché in alcune situazioni la pesca a fondo con il pasturatore permette di poter pescare, ed al contempo pasturare correttamente, dove con altre tecniche risulterebbe impossibile o difficilissimo farlo.
Pensiamo a situazioni di pesca in porti profondi ed a lunga distanza dove arrivare “leggeri” con galleggianti in lenza risulta difficile, ancor di più risulta difficile effettuare una corretta pasturazione a fionda; oppure in presenza di larghe foci con correnti moderate dove riuscire a pescare a centro fiume, effettuando una corretta azione di pesca e di pasturazione, risulterebbe molto complicato anche utilizzando le più lunghe bolognesi possibili.
L’impostazione di pesca in questi ambienti non si discosta molto da quella nelle acque interne: acqua corrente-canna alta, acqua ferma-canna bassa.
Sui moli di un canale o di una foce l’altezza a cui già ci troviamo rispetto alla superficie dell’acqua ci aiuta molto a mantenere meno quantità di filo possibile sotto la spinta della corrente, quindi potremmo tranquillamente tenere la canna anche parallela al terreno.
Un po’ più complicata è invece la corretta impostazione dai moli di un porto; anche qui la distanza dall’acqua può essere notevole ed in presenza di vento il filo offrirà una maggiore superficie; anche il posizionamento della canna obliqua al terreno risulterà un po’ difficile non potendo utilizzare i picchetti da terreno classici, quindi dovremmo applicare alla sedia o al panchetto quei bracci snodabili già citati ( foto n° 3 ) oppure, aguzzando l’ingegno e la nostra capacità d’adattamento, trovare valide soluzioni alternative….come potrebbe essere quella da me proposta in foto: piccola struttura in metallo, ma pesante e stabile, per due canne con bracci ripiegabili per un trasporto ottimale e con reggicanna a V tipici avvitabili.











L’utilizzo corretto nella pesca con il feeder, in acque interne ed anche in mare, prevede l’uso di una sola canna per essere sempre pronti a rispondere al minimo accenno di movimento del quiver tip quando ci troviamo al cospetto di pesci scaltri e diffidenti (spigole e muggini) ma se la nostra battuta di pesca si svolgesse in acque ferme (in porto), e si rivolgesse soprattutto alla cattura di sparidi come l’orata, la cui abboccata è molto “diretta”, posizionare un paio di canne ci potrebbe aiutare nell’avere più possibilità e nell’esplorare e pasturare più zone; importante sarà sempre mantenere attiva la pasturazione con riempimenti continui dei pasturatori.
Tra le tipologie di canne che ho elencato precedentemente una buona “medium” (azione 30-90 grammi), con almeno tre vette in dotazione, è l’attrezzo ideale per l’utilizzo negli spot marini; la sua azione parabolico-progressiva permette il montaggio di finali sottili ed il combattimento con prede anche di buone dimensioni.
I feeder per le zone ideali in mare (porti, foci scogliere artificiali), e per uso prevalente di bigattino da caricare al loro interno, si possono ridurre per semplificare la scelta a 4-5 modelli di base con le loro diverse grammature di piombo tra cui poter scegliere la più adatta in quel dato momento; tre modelli validi in presenza di acqua ferma o con poca corrente ed un paio per la pesca in foce.
I “feeder link” ed i “carp feeder” della Drennan (nati per la pesca nei “carpodromi”) sono molto simili per struttura e funzione; entrambi hanno il piombo interscambiabile (mediante piccolo aggancio) tra i modelli di dimensioni diverse così da poter scegliere il miglior abbinamento grandezza-peso.
Il loro assetto nel lancio è perfetto, aiutandoci nella precisione e nelle lunghe gittate; sono ottimi in situazioni d’acqua ferme o poco corrente ed hanno la prerogativa, data dalla disposizione del piombo posto ad un loro estremo, di mantenere una posizione verticale sul fondo consentendo un rilascio a pioggia dei bigattini; questa loro disposizione verticale, o obliqua, li rende perfetti per quel fondale soffice e melmoso che possiamo incontrare nei porti; al contrario di altri pasturatori piatti che affonderebbero nella melma e nel fango, questi feeder garantiscono una sicura e accertata pasturazione.
La differenza tra i due, a parte la compattezza nel volume, la fanno i diametri dei fori d’uscita; nel carp feeder sono molto più grandi per una fuoriuscita più veloce delle larve, situazione valida specialmente nei periodi freddi dove la mobilità dei bigattini si riduce sensibilmente. Altro pasturatore valido da usare nei porti con fondale sabbioso e duro ed in presenza di leggera corrente sono gli “oval block-end” della drennan nelle misure più piccole (small e, a volte medium), che hanno il piombo a lamina da ¾ di OZ (un oz equivale a circa 28 grammi), circa 21 grammi, a 1½ oz, 42 grammi.
In foce ed in corrente sono invece ampiamente utilizzati, per la loro conformazione piatta, sempre gli oval block-end ma nelle misure “medium e large” dotati di piombi di peso maggiore (in genere da 1½ a 2½ oz…da 42 a 70 grammi) ed i “fox finned-feeder”, pasturatori cilindrici con piombo alla base (sempre nel range di peso descritto prima) ma dotati di alette stabilizzatrici utili sia per un corretto e preciso assetto nel lancio che per evitare possibili rotolamenti sul fondo dovuti alla spinta della corrente.
I più conosciuti ed utilizzati sono i primi ma, data la loro conformazione, sono adatti per lanci corti e appoggiati in quanto in volo hanno “sfarfallamenti” che rendono il loro ingresso in acqua impreciso sulla lunga distanza.
Insidiando pesci che rispondono bene a pasture a base di sfarinati, pane o sarde macinate (muggini principalmente ma anche saraghi), allora potremmo utilizzare altri due modelli di pasturatori: i “cage feeder” per riempimento di pasture o pane ammollato ed i “ free flow open-end” della fox nel caso utilizzassimo pasture a base di sarde macinate o sminuzzate (le foto di tutti questi feeder le trovate prima).

IL FEEDER FISHING: parte IV°, i terminali

I TERMINALI

Come ho già accennato nella pesca a fondo con il pasturatore la semplicità nella costruzione della lenza è, secondo il mio modesto parere, l’arma vincente.
Per questo è importante conoscere alcune montature di base utilizzate nel feeder-fishing alle quali poi si possono apportare dei piccoli cambiamenti (anche in corso di pescata) a secondo delle condizioni ambientali, degli umori e della diffidenza dei pesci che cerchiamo di catturare.
Non ci sono montature “segrete” in questa tecnica….come del resto non ci sono nella pesca a fondo in generale o nella pesca a passata con la bolognese.
Solo la pratica, l’esperienza soggettiva e una buona osservazione fanno si ad esempio che solo alcune spallinate, nelle montature col lenza sostenuta da galleggiante, pescando a passata siano fruttuose in una determinata zona e in un determinato giorno.
La loro realizzazione è appannaggio solo di persone esperte, pratiche e buone osservatrici…..il segreto tra chi cattura, presentando bene il proprio amo innescato con una montatura adeguata al momento, e chi non lo fa….. è tutta qui.
Il montaggio del pasturatore sulla lenza può avvenire “inline” in quei modelli strutturati in modo da prevedere il passaggio del filo al loro interno, o a “pendulum” in derivazione sulla lenza facendo passare il filo entro l’anello di una girella posta ad uno degli estremi del feeder; in tutti e due i casi si possono prevedere tre tipi di soluzioni per il pasturatore: montaggio scorrevole, montaggio bloccato ( fixed o bolt ), o montaggio semi-bloccato ( semi-fixed ).
Alcune semplici montature prevedono l’utilizzo di un accessorio, “l’antitangle” dritto o storto mediamente lungo dagli 8 ai 15 cm., che limita notevolmente la possibilità di grovigli tra la lenza, il pasturatore ed il finale con l’amo.
Un problema che si presenta nel feeder fishing, insidiando pesci scaltri e diffidenti (ad es. cavedani o spigole), è quando si deve per forza utilizzare un terminale di diametro molto sottile ( 0.10 - 0.12 ) che, per peso del pasturatore montato o per la forza della corrente, deve essere forzatamente abbinato al monofilo montato sul mulinello che, in alcuni casi, può presentare un diametro doppio ( 0.20 - 0.22 ), o in caso abbiamo imbobinato il nostro mulinello con un rigido trecciato multifibra; si intuisce immediatamente che la differenza di elasticità e di tenuta tra i due monofili ( o tra monofilo e trecciato ) è troppo ampia, pescare con un abbinamento del genere comporterebbe la quasi sicura rottura del terminale già in ferrata.
Per limitare questa differenza d’elasticità si ricorre all’utilizzo di due accessori “rubati” ad altre tecniche ed adattati alle nostre esigenze: il “power gum” e “l’elastico da roubasienne”.
Il power gum è un polimero di gomma molto elastico e resistente (14 lb) il cui uso nel carp-fishing è previsto per realizzare nodi scorrevoli e di stop sulle lenze, noi lo possiamo utilizzare per costruire le nostre montature realizzando eventualmente anche una decina di cm. di brillatura (treccina) in modo da ottenere un effetto antigroviglio prima di collegarci il finale; viene utilizzato in special modo quando sul mulinello abbiamo montato dei rigidi multifibra ma è valido anche in presenza di diametri di monofilo notevolmente differenti.
L’elastico da rouba, della lunghezza finale di 10-15 cm. viene utilizzato, nei diametri diversi disponibili e nel giusto abbinamento ai diametri dei finali, come ammortizzatore tra lenza madre e finale; si collega un capo ad una girella con un nodo grinner stretto molto bene, all’altro capo si fa una piccola asola a doppio nodo dove poi andrà collegato il sottile finale…..consiglio di stringere bene e provare i nodi più volte e coprirli con tubicini siliconici o con guaine termorestringenti.
E’ validissimo come ammortizzatore sia in fase di ferrata che nel combattimento; gli abbinamenti consigliati sono: diametro elastico 0.9 - diametro monofilo 0.08 - 0.10, oppure 1.2 – 0.12…. 1.4 – 0.14 a salire.
Le foto ed i disegni spero rendano bene l’idea di varie montature standard.