mercoledì 9 aprile 2008

IL FEEDER FISHING: parte VI°, applicazioni in mare

Una delle regole fondamentali nella pesca a fondo con il feeder, ed è bene ripeterlo, è la precisione dei lanci in modo da riuscire a concentrare la pastura nell’area più ristretta possibile.
Come ho già detto non è difficile prendere un punto di riferimento per stabilire la direzione, più difficile è sicuramente calcolare la distanza e la giusta forza da imprimere nel lancio, obiettivo che si potrà acquisire solo con la pratica; potremmo però avvalerci di piccoli trucchi o aiuti per risolvere questa situazione.
Alcuni consigliano di bloccare il filo dopo il primo lancio nella clip fermafilo di cui è dotata la bobina, ma io la considero una soluzione molto pericolosa perché se il pesce che si ferra è di grosse dimensioni cercherà di prendere filo immediatamente e non potendolo fare per il filo bloccato nella clip si avrà, come conseguenza e nella migliore delle ipotesi, la rottura del finale; nella peggiore, e per niente remota ipotesi, la rottura del filo in bobina proprio in quel punto; anche un lancio con troppa forza impressa otterrebbe risultati facilmente immaginabili avendo il filo bloccato dalla clip.
I metodi migliori consistono nel segnare un tratto di filo per una quindicina di cm. tra l’archetto del mulinello ed il primo anello della canna (sempre dopo aver effettuato il primo lancio alla distanza che riteniamo valida) con dello stick apposito indelebile e colorato; oppure, al posto della segnatura, fare un nodo scorsoio sul monofilo con del filo da legature (nodo in uso per fermare il galleggiante scorrevole).
Con questi aiuti visivi sapremmo dopo ogni successivo lancio se abbiamo raggiunto la corretta distanza oppure, se questo fosse stato più lungo, avremmo la possibilità di recuperare il filo sino a che il segno o il nodo non si trovi nella giusta posizione prefissata; in caso di lancio molto corto invece è meglio recuperare il tutto, ricaricare e lanciare nuovamente.
La realizzazione dei terminali validi in acque salate non si discosta molto da quelli utilizzati in acque interne; nei porti od in condizioni d’acqua lenta o ferma insidiando pesci diffidenti il classico montaggio con antitangle scorrevole è il più utilizzato (in abbinamento con elastico ammortizzatore) insieme al semi-bloccato multiloop ed al paternoster con bracciolo in derivazione per l’aggancio del feeder; in presenza di pesci da “partenza” invece il montaggio fisso (fixed-rig, elastic-rig… con corsa del pasturatore bloccata sulla lenza) consente anche la funzione di autoferrata, dato il peso del pasturatore stesso.
In acque correnti si usa il montaggio semi-fixed con antitangle, il multiloop, il bolt-rig o l’elastic-rig tutte soluzioni più o meno valide e più o meno adattabili e modificabili.
I finali, per lunghezza e diametro, vanno anch’essi adattati alle prede, alle loro dimensioni ed alle condizioni di trasparenza dell’acqua…. come avviene per qualsiasi altra tecnica della pesca al colpo.
In genere in presenza di un discreto flusso d’acqua si utilizzano finali più corti (sempre intorno ai 40-50 cm.) rispetto a condizioni d’acqua ferma (80-100 cm.) ma in presenza di pesci scaltri come le spigole si può arrivare ad utilizzare in foce anche finali dello 0.10 lunghi 150 cm. per allontanare l’esca dal pasturatore e conferirgli mobilità in corrente, vista la proverbiale diffidenza del serranide, la buona vista e la caratteristica di predare i bigattini isolati traportati dalla corrente.
Nella pesca rivolta alle orate di media taglia utilizzare ami robusti e ribattuti è d’obbligo, ma sempre nella misura adeguata all’innesco (in caso di innesco a fiocchetto di bigattini mai salire oltre al n° 14) e diametri adeguati del finale (in genere con i bigattini si usano finali di buon monofilo nei diametri dallo 0.12 allo 0.16); come ami i “super spade” della Drennan, la serie B 900 della Colmic o le serie 14 e 27 Tubertini sono altri validi modelli.
E’ buona norma in acqua ferma di spostare il pasturatore recuperando, dopo alcuni minuti dalla posa a terra del feeder e dalla messa in tiro del vettino della canna, approssimativamente tanti cm. quanto è lungo il finale con l’esca in modo da portare l’amo innescato nel piccolo tappeto di bigattini o di pastura già fuoriusciti dal pasturatore.
In acqua corrente, se la fuoriuscita dei bigattini è molto veloce già durante la discesa sul fondo, occorre tappare alcuni fori del feeder con del nastro da elettricisti oppure utilizzare i bigattini nel feeder comprimendoli tra due tappi di pastura preparata bagnando una classica pastura da mare in maniera leggermente inferiore alla bagnatura che normalmente occorre per realizzare le classiche palle, in modo che lo sfaldamento sia quasi immediato dopo l’arrivo del feeder sul fondale.
La tecnica di pesca col pasturatore è nata chiaramente come tecnica diurna ( nelle acque interne la pesca notturna di regola è vietata) è tale rimane anche in ambiente marino, proprio per questa ragione può essere una valida alternativa alle tecniche di pesca col galleggiante.
Nella pesca in foce o da un molo di un porto la movimentazione di barche più o meno grandi e di pescherecci fanno, di queste zone, le meno tranquille in assoluto. Queste condizioni fanno sì che i pesci più grossi con la luce del sole difficilmente accostino nei pressi delle sponde, a tiro di fissa o bolognese, ed invece se ne stiano ad una certa distanza, magari nei punti centrali più profondi, aspettando la fine e la cessazione delle attività alieutiche che avviene sempre dopo il tramonto o la notte. Perciò prima di questo momento, in cui il pesce diffidente decide il suo avvicinamento, dovremmo essere noi ad andarli a cercare; ecco perché la pesca con il pasturatore, a distanza e sul fondo, può essere valida alternativa ad altre tecniche durante le ore diurne.
Ma, con dei piccoli accorgimenti e per chi volesse, è possibile anche riuscire a praticare la pesca notturna a fondo con il feeder.
Il problema fondamentale da risolvere nella pesca notturna è la visibilità dei segnalatori d’abboccata che con i loro movimenti ci consentono di avere quell’immediata reazione di una tempestiva ferrata; nel caso di un galleggiante la corretta visibilità viene risolta con l’applicazioni di luci chimiche al posto dell’astina di segnalazione di cui sono dotati, mentre nella pesca fondo classica si è soliti usare appositi portastarlight da applicare al vettino della canna.
Nella pesca con il feeder, come sappiamo, la segnalazione d’abboccata è data solamente dai movimenti del sensibile e sottilissimo tip; perciò qualsiasi applicazione fissa su di esso non solo risulterà problematica da effettuare ma ne comprometterebbe e ne bloccherebbe la sua corretta azione di curvatura sotto trazione con conseguente e molto probabile rottura del vettino stesso; inoltre qualsiasi accessorio supplitivo al tip, sia nel momento del lancio che nell’eventuale recupero di una preda, provocherebbe impedimenti e grovigli al filo, vista la dimensione dei microanelli di cui sono dotate questi vettini interscambiabili.
Per visualizzare di notte i movimenti dei sottili e delicati quiver tips si usa applicare sugli stessi una serie di strisce adesive catarifrangenti (un paio di cm. in altezza e ad un paio di cm. di distanza una dall’altra), se sul molo è presente qualche fonte d’illuminazione artificiale; se invece ci trovassimo a pescare nel buio quasi completo le strisce adesive da applicare dovranno essere luminescenti a fosforescenza che si caricano all’esposizione di luce diretta e la emettono al buio per un certo periodo di tempo (tipo le lancette d’orologio o come in alcune esche artificiali in uso nel bolentino notturno).
Un altro espediente per l’uso notturno, copiato direttamente dal carp-fishing, è l’applicazione di un segnalatore d’abboccata a sgancio rapido, del costo di pochi euro e prodotto dalla Stonfo, sul filo del mulinello.
In questo caso, non dovendo più essere il vettino con i suoi movimenti a segnalarci l’abboccata, dovremmo utilizzare per forza degli attrezzi più rigidi oppure, se disponiamo solo di una canna, applicare il quiver tip di portata maggiore; al foro inferiore del segnalatore, prodotto in plastica trasparente dotato di due ganci in plastica a “C” in opposizione tra loro e un paio di boccole bronzate avvitabili di peso diverso, andrà fissato circa 50-60 cm. di monofilo di grosso diametro o di trecciato; l’altro capo dello spezzone di filo andrà fissato alla struttura di sostegno su cui è poggiata la canna.
Agendo sulle boccole filettate di grammature diverse (da valutare il loro montaggio e sostituzione in base alla forza della corrente ed all’opposizione dovuta al peso del pasturatore) si potrà stabilire la vicinanza o meno dei due ganci tra loro in modo da avere la giusta tensione perché l’avvisatore rimanga bloccato sul filo ma, nel caso di ferrata, abbia anche la possibilità di sganciarsi facilmente in modo semi-automatico (più difficile a spiegarlo che a farlo…).
Al suo interno di plastica trasparente possono essere inseriti sia dei pallini di piombo per appesantirlo ulteriormente, dando così la giusta angolatura al filo che esce dal mulinello, sia una classica luce chimica per visualizzare i suoi movimenti al buio.
Gli spostamenti, in seguito ad abboccata, saranno così segnalati non più solo dal vettino ma direttamente sul filo e, quindi, dai sobbalzi o saliscendi del segnalatore con starlight agganciato ad esso.
L’applicazione corretta del segnalatore di solito è tra il mulinello ed il primo anello della canna (come in foto) mentre il cordino o monofilo che lega il segnalatore và fissato ad un sostegno fisso e sicuro (sedia, panchetto, rod pod ecc.).



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