mercoledì 2 luglio 2008

LE TROTE DI "RAPIDO".......parte VII°

Al loro ritorno Gaetano si addossò tutte le responsabilità compreso l’onere di dire la verità; la punizione fù più dura di ciò che immaginavamo: la vacanza per noi era finita, l’indomani mattina ritornavamo tutti a Roma.
Il mio amico, dal momento della discussione con i genitori, non disse più una parola; la mattina del giorno dopo salì in macchina, appoggiò la testa al finestrino e chiuse gli occhi.
Non seppi mai se realmente si addormentò sognando ancora quelle trote, le trote di Rapido, oppure chiuse gli occhi solo per non dover guardare il fiume, quel fiume che considerava un po’ suo, scorrere alla destra della strada per buona parte del viaggio, quel fiume che avrebbe rivisto solo mesi dopo.
Per me sarebbero invece passati degli anni perché potessi ritornare in quei luoghi con la mia macchina.
In quel viaggio triste e silenzioso, pur cosciente del fatto di aver commesso degli errori e che quella punizione alla fine fosse meritata e sensata, in cuor mio ero anche convinto che esser riuscito a vivere quella avventura straordinaria, a provare quelle intense emozioni, giustificasse qualsiasi disobbedienza e tutto ciò che ne conseguiva.
Il ricordo di quel luogo e di Rapido, che non rividi mai più, mi tenne compagnia durante tutto il tragitto verso casa; ad un certo punto dovetti persino trattenermi (… perché veramente non era il caso) dallo scoppiare a ridere, in quanto mi ricordai l’introduzione in una prefazione storica di un libro, alcune frasi di presentazione che avevo letto su di una rivista del settore, a firma di un famoso giornalista ed appassionato di pesca a mosca.
Che, se non ricordo male, pressappoco iniziava così: “ La tradizione vuole che i pescatori a mosca debbano far parte di una «classe superiore», un gruppo d’elitè della pesca sportiva. I pionieri che praticarono questo tipo di pesca appartenevano ad una classe culturalmente elevata; e fù proprio in quest’ambiente cortese, gentile e contemplativo che si sviluppò e diffuse la P. A. M.
Si arrivò addirittura a ritenere che la pesca a mosca non fosse alla portata economica, e soprattutto culturale, del volgo.
Questa convinzione, sicuramente esasperata, è però ancora in parte radicata nel ristretto gruppo di persone che, come me, ritengono l’arte della pesca a mosca come l’ultima frontiera, la tappa finale dell’evoluzione del puro e nobile neo-pescatore…..”
ma io sapevo che c’era invece chi se ne infischiava di elitè e tradizione, sapevo che c’era chi pescava a mosca perché amava semplicemente farlo e non solo per moda e distinzione di classe, chi la nobiltà la portava nel cuore e non impressa su un blasone……in quel momento ridevo tra me e me pensando a Rapido.

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